domenica 23 settembre 2018

Di cavalieri, armi e monete. Alle origini della moneta romana

Alle origini c’era lei: la moneta d’argento chiamata denarius.
Sì, perché in fatto di creatività monetale i Romani non erano proprio dei draghi.
Almeno agli inizi.
Fino a quando, dopo esperimenti vari e sotto la spinta di specifiche esigenze, ecco la svolta: una coniazione autenticamente romana, originale dal punto di vista del sistema monetale e di quello tipologico (cioè delle immagini impresse sulle due facce della moneta).
Denario romano d'argento, 215/14 a.C.
Ph. cred.: acsearch.info

La svolta

Roma si sganciava così dall’influenza dei modelli greci dell’Italia meridionale, da cui aveva fino ad allora tratto ispirazione, per coniare la ‘sua’ moneta, il denario, pari a 10 assi (col segno di valore X), insieme al quinario (V = 5 assi) e al sesterzio (IIS = 2 assi e mezzo).
Una scelta importante, destinata ad avere grande fortuna, se pensiamo che il denarius ebbe poi lunga vita: ben cinque secoli di storia, dalla fine del III sec. a.C. al III sec. d.C. 

Ovviamente la selezione delle immagini (‘tipi’) per queste monete non poteva essere lasciata al caso.
E chi meglio della dea Roma, personificazione e divinità eponima dell’Urbe, poteva rappresentare la nuova dominatrice della Penisola e del Mediterraneo?
La testa femminile, con elmo, orecchini e collana (perché è una dea che conosce la guerra ma anche le armi della seduzione) compare al diritto del denario, come pure sul quinario e sul sesterzio. 

Ad una simile presenza non si poteva che abbinare soggetti di grande rilevanza nell’immaginario romano. 
Ecco quindi, che al rovescio (lato B) appaiono due cavalieri che indossano corazza, mantello svolazzante, un copricapo conico (pileus) e imbracciano una lunga lancia; in alto sono visibili due astri, in basso la scritta (legenda) ROMA


Chi sono i due cavalieri? 

Come ho raccontato altre volte, sono i dettagli dell’immagine a fare la differenza, cioè a chiarire e precisare il significato, soprattutto se parliamo di iconografie scelte per il piccolo tondello monetale.  
Nel nostro caso, i segni 'di riconoscimento’ sono due: i berretti conici e la presenza degli astri che segnalano l’origine divina dei soggetti. Si tratta dei Dioscuri, Castore e Polluce, figli di Zeus e di una mortale, Leda (moglie del re spartano Tindaro), anche se un’altra versione del mito indica Castore come figlio mortale di Tindaro. 
I due cavalieri erano legati alle tradizioni laziali. Ma, come soteres, salvatori, erano accorsi in aiuto dei Romani nella battaglia del Lago Regillo combattuta contro la Lega Latina (499 o 496 a.C.). 
Il dittatore romano Aulo Postumio aveva addirittura invocato gli dei del nemico, appunto i Dioscuri, promettendo la costruzione di un tempio loro dedicato.
 
I divini gemelli ‘salvatori’ erano noti anche in Italia meridionale fin dal IV sec.a.C. 
Brettii, moneta d'argento, 216 a.C.
Ph.cred.: acsearch.info

Più tardi li ritroviamo in particolare su monete d’argento dei Brettii, un popolo italico che si era schierato contro i Romani al fianco dei Cartaginesi. Su questa emissione, i cavalieri, con i consueti astri in alto, i pilei sul capo e in nudità eroica, levano la mano destra e reggono un ramo di palma. Al diritto della stessa moneta, i Dioscuri sono raffigurati anche come busti accollati, con i segni distintivi - gli astri e i pilei - ben visibili. 
L’attributo del ramo di palma, annuncio di vittoria conseguita, il gesto ‘epifanico’ delle destre levate, proprio delle divinità e delle autorità carismatiche, sono dettagli non certo casuali, ma alludono probabilmente ad una grande vittoria. E quale se non quella di Canne (216 a.C.), conseguita dai Brettii a fianco degli alleati Cartaginesi?


Modelli e varianti

La moneta dei Brettii è stata indicata dagli studiosi come il modello per i denari romani. Ancora una volta Roma si sarebbe appropriata di formule iconiche del nemico. 
Forse per sottolineare che i divini salvatori avrebbero presto cambiato fronte?

Siracusa, Ierone II, moneta bronzea, 218/15 a.C.
Ph. cred.: acsearch.info

Certamente i Romani fecero di più e introdussero una variante non priva di significato: rivestirono i due cavalieri con la corazza e con le armi. In questo caso, il probabile modello lo trovarono tra gli ‘amici’, vale a dire il cavaliere armato visibile sulle monete del re di Siracusa, Ierone II. Fedele alleato di Roma, Ierone sostenne anche finanziariamente lo sforzo bellico romano in Sicilia contro i Cartaginesi. 
Siamo al tempo della II guerra punica.
Ma alla morte di Ierone (inizi del 215 a.C.) le cose cambiarono.
Il nipote di Ierone, Ieronimo, abbandonò lo schieramento romano per passare ai Cartaginesi. E Roma dovette così rinunciare al suo principale sponsor in Sicilia. 

In questo quadro di emergenza finanziaria, tra la fine del 215 e l’inizio del 214 a.C., nasce in Sicilia il denario, battuto in zecche itineranti al seguito degli eserciti.
La scelta della dea Roma e dei divini cavalieri ‘salvatori’ non poteva essere più azzeccata. 
Il console Marcello finì con l’assediare l’antica alleata, Siracusa, inutilmente difesa dalle macchine inventate da Archimede. Nel 212/211 a.C. la città venne infine conquistata e poco dopo, nel 210 a.C., cadde anche Agrigento.

La guerra contro i Cartaginesi era conclusa, almeno in Sicilia.
E la svolta, in fatto di politica monetale, era avvenuta. Iniziava così la lunga storia del denario romano.


Per saperne molto di più (soprattutto sull’annoso dibattito relativo alla nascita del denario):

- M. Caccamo Caltabiano, I ritrovamenti siciliani e l'introduzione  del  sistema   romano   denariale,  in La  monetazione  di Morgantina,  Giornata di Studi Aidone 1992, Catania 1993, pp. 55-71.
- M. Caccamo Caltabiano, G.F. La Torre, K. Longo, G. Salamone, Il tesoretto di Licata-Finziade 1998 e le emissioni iniziali del denarius tra numismatica e archeologia, in G. Pardini, N. Parisi e F. Marani (eds), Numismatica e Archeologia. Monete, stratigrafie e contesti. Dati a confronto, Roma 2018, pp. 141-156 (leggi online)
- B. Carroccio, Dal basileus Agatocle a Roma. Le monetazioni siciliane d’età ellenistica (cronologia-iconografia-metrologia), Messina 2004 (Pelorias 10), in particolare pp. 212-217.

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