martedì 5 febbraio 2019

Prima del Primo Re: Romolo e Remo raccontati dalle monete

Al cinema (e sui social) impazza “Il primo re”, film di Matteo Rovere dedicato alla nascita di Roma e al mito di Romolo e Remo
E nella testa della numismatica (cioè io!) si accende una lampadina. 
Potrei mai tacere delle monetine con la mitica lupa che allatta i due prodi in versione baby? Certo che no! 
Risaliamo allora alle origini delle origini di Roma. E per di più richiamando le rappresentazioni sul documento di Stato, la moneta.
Didrammo 'romano-campano' in argento, 269 a.C. ca
(Testa giovanile di Ercole / Lupa con gemelli)
Ph credit: lamoneta.it


La prima raffigurazione ufficiale dei mitici fondatori appare su una monetina che di ‘romano’ non ha quasi nulla. 
Si tratta del didrammo cosiddetto ‘romano-campano’, battuto forse nel 269 a.C. circa. Al di là del tipo della lupa con i gemelli, è prodotto in uno stile e con una tecnica molto vicini a quelli delle evolute monetazioni della Campania greca. 
Ma perché questo ‘look’ esterofilo? 
C’è, ovviamente, una ragione ben precisa. 
Gli interessi commerciali (ed espansionistici) di Roma verso l’area campana imponevano l'utilizzo di un adeguato medium di scambio. Un medium che non poteva essere la moneta fusa in bronzo (aes grave), utilizzata dai non molto sofisticati Romani con i popoli italici e che invece non sarebbe stata mai accettata dai mercanti campani.

Da qui sarebbe derivata l'esigenza di coniare monete in argento con legenda ROMAION (in caratteri greci), ROMANO e poi ROMA, a partire dalla fine del IV sec. a.C. e per buona parte del secolo seguente, con tipi che si ‘interfacciavano’ con quelli di ambito magnogreco, come Apollo o Eracle/Ercole.

Tornando al nostro didrammo, la datazione tradizionale al 269 a.C. sarebbe motivata da un aggancio storico ben preciso. E cioè al momento in cui Quinto Ogulnio, console in quell’anno, avrebbe voluto ricordare una precedente iniziativa sua e del fratello. 
Infatti, quando i due Ogulnii ricoprivano la carica di aediles curules (296 a.C.) avevano fatto collocare le statue di Romolo e Remo sotto una lupa che si trovava presso il fico Ruminale, ai piedi del Palatino. Sarebbe stato così completato (o creato) quel gruppo scultoreo ricordato da uno storico ben informato come Livio (X, 23). 
Questa corrispondenza tra la moneta e il gruppo di citato da Livio non è però accettata da tutti gli studiosi (qui una sintesi del dibattito).

Limitandoci all’iconografia monetale, sul didrammo citato non è rappresentato un dettaglio importante, il famoso fico di cui parla lo stesso Livio (“ad ficum Ruminalem…”) e che sarà ripreso più tardi in una versione figurativa più completa del mito. 


Denario d'argento, 137 a.C.
(Testa di Roma / Lupa con gemelli e Faustolo)
Ph credit: acsearch.info 

Osserviamo il denario del magistrato (tresvir monetalis) Sesto Pompeio Fostulo (137 a. C.): in una composizione paesaggistica piuttosto elaborata compare l’albero sotto cui stanno la lupa con i gemelli e, a sinistra, il pastore Faustolo, colui che trovò sulle rive del Tevere i due gemelli. 
Il magistrato intendeva così rivendicare la presunta discendenza dal mitico pastore, rievocato nel suo stesso nome, in un’ottica esplicitamente propagandistica.

Insomma, la moneta, anche in tal caso, come efficace medium di visual storytelling, ha immortalato i protagonisti della 'storia' più lontana e sacra di Roma.
Il mito dei due fondatori sarà poi ripreso, in più momenti, sulle monete di età imperiale fino a Costantino, non a caso un nuovo fondatore… 

A questo punto non ci resta che andare al cinema! 😉

Qualche recensione del film? Eccole: da Classicult e Archeostorie 



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